Il ruolo dello psicologo e la funzione psicologica nella presa in carico del Paziente Obeso o Sovrappeso in età pediatrica

Ph.D Roberto De Falco



Premessa.

L’aiuto specialistico nell’ambito della condizione di obesità o sovrappeso non può prescindere dal considerare l’individuo inserito in un processo clinico inteso come rapporto continuo tra operatore/i e individuo/i che richiede una consultazione, processo all’interno del quale la terapia non potrà essere mai ridotta alla semplice applicazione di passi standard da compiere ma come processo circolare dove il maggior approfondimento anamnestico prepa

 

ra alla miglior cura possibile.

Data quest’importante premessa propongo una riflessione su:

La competenza dello psicologo e la funzione psicologica dell’operatore nella complessità del fenomeno.

Il ruolo dello psicologo: anamnesi del soggetto che presenta una condizione di obesità in termini di sviluppo psicomotorio, cognitivo e affettivo, relazioni significative con il caregiver e con il gruppo familiare, crisi evolutive del soggetto e della famiglia;

Proposta terapeutica: modello cognitivo comportamentale ed il modello sistemico relazionale. Individuazione di rischio e potenzialità (o resilienze) personali, famigliari e contestuali;

Strumenti anamnestici e terapeutici.

La competenza dello psicologo e la funzione psicologica

Considerando che una consultazione su quattro in età pediatrica avviene per problematiche relative all’assunzione di cibo e che l’obesità ed il sovrappeso hanno raggiunto prevalenze di circa il 50% della popolazione infantile della regione Campania (vedi indagine “Okkio alla Salute”, Ministero della Salute), lo sforzo di qualsiasi centro specialistico, pubblico o privato, sembra dover andare nella direzione di fornire una risposta concreta a tale problematica attraverso la strutturazione di un approccio “integrato multidisciplinare” per la presa in carico del bambino e dell’adolescente con tali problematiche .

La categoria degli utenti con problematiche legate al peso (circa il 70% degli afferenti ad una unità di auxoendocrinologia pediatrica) può essere a sua volta suddivisa in altre due sottocategorie: con obesità primaria o essenziale o con obesità secondaria (associata a sindromi genetiche o malattie endocrine) . Il ruolo dello psicologo nell’abito delle obesità secondarie così come nel caso di pazienti con problematiche relative allo sviluppo puberale e/o staturale (il restante 30% delle afferenze di un centro di auxoendocrinologia), può essere di supporto all’equipe di esperti e da facilitatore delle comunicazioni tra questi, il paziente e la sua stessa famiglia. Dunque, l’obiettivo primario dello psicologo in questo tipo di patologie è quello di figura professionale capace permettere l’aumento della compliance terapeutica. 

Nell’ambito delle obesità primarie o essenziali lo psicologo dovrebbe invece svolgere un ruolo fondamentale in quanto, tale condizione, sembra essere determinata prevalentemente da un comportamento alimentare inappropriato, scarsa attività fisica e vita sedentaria e solo la modifica a lungo termine di questi comportamenti sembra essere la terapia risolutiva di tale condizione. L’Obesità in età pediatrica è una condizione dilagante e complicata in quanto vanno considerate più variabili e, allo stesso tempo, la loro reciproca relazione. Il coinvolgimento di più persone nell’in-take alimentare (genitori, amici, parenti); le abitudini, stile di vita ed automatismi cognitivi (il tipo di lavoro dei genitori e la conseguente sedentarietà oppure il facile accesso al cibo da parte del bambino ecc.); il tipo di immagine corporea posseduta dal bambino e/o genitori (…se perdo peso perdo le mie caratteristiche di personalità? – rispetto all’altro fratello mia figlia sembrava crescere poco… ecc.); gli obiettivi e le attese irrealistiche (tutto e subito, dimagrire velocemente ed affrontare la “prova bikini”); la razionalizzazione o la scarsa acculturazione (precedenti percorsi dietetici, conoscenza di biologia di base ecc. oppure paziente con scarsa capacità nel seguire il linguaggio tecnico, difficoltà nel compilare un diario alimentare ecc.); le complicanze e la gravità sintomatica (porre il focus sull’aspetto medico e non su quello comportamentale); l’età del consultante (prima della preadolescenza non possiamo parlare di una vera e propria autonomia nelle scelte alimentari del bambino e nell’adolescente va considerato l’aspetto di opposizione alle regole che caratterizza questa fase dello sviluppo).

Queste, ed altre ancora, sono tutte le variabili che vanno considerate per progettare un piano terapeutico in caso di sovrappeso o obesità in età pediatrica. Va da se che non c’è la possibilità di dare una risposta semplice ad una condizione tanto complessa ma l’operatore ha l’obbligo di entrare in tale complessità ed astrarne delle linee o ipotesi eziopatogenetiche che sottoporrà a verifica .

Il ruolo dello psicologo

Considerando queste premesse, il ruolo dello psicologo all’interno di un ambulatorio di auxoendocrinologia dell’età evolutiva in primo luogo si concretizza in un’accoglienza o in-take del bambino e della famiglia all’interno del percorso diagnostico e, in secondo luogo, agendo all’interno di un vero e proprio percorso di ristrutturazione cognitiva delle abitudini alimentari e motorie. Nella fase di accoglienza lo psicologo funge da nodo che integra i pareri degli esperti (equipe multidisciplinare) restituendo all’utente una visione unica sia della sua condizione fisica che di un progetto terapeutico condiviso. Un progetto terapeutico che abbia come focus principale quello di una equipe di operatori che assume su di se l’intera funzione psicologica di ascolto, codifica e rimando delle strutture cognitive, emotive e relazionali che hanno generato, mantengono o che possono recidivare un comportamento alimentare a rischio.

Ricordiamo che una dieta rigida o comunque non personalizzata, se prescritta a soggetti a rischio, soggetti con strutture psichiche deboli o senza supporti sociali adeguati, può essere un precursore di condotte alimentari patogene. Anche alcune attività motorie in cui è in gioco l’immagine corporea, quali per esempio la danza, possono, in questi soggetti, favorire l’esordio di un disturbo psichiatrico. Dunque il compito dello psicologo e dell’operatore in fase di accoglienza, non è solo quello di escludere una sospetta psicopatologia conclamata ma anche valutare eventuali elementi sub-clinici correlati alle condotte alimentari.

A questo proposito vengono di seguito delineate le tappe della fase di accoglienza che si dovrebbe concludere mediamente in 40 min (vedi box 1) all’interno della quale si alternano le diverse figure professionali.

In questa fase la comunicazione coinvolge:

la famiglia o comunque la persona che accompagna il consultante (quando siamo di fronte ad un bambino ricordiamo le caratteristiche tappe dell’autonomia nelle scelte alimentari);

nel caso di un adolescente, possiamo scegliere di coinvolgerlo da solo o con la famiglia. Se l’adolescente è coinvolto da solo alla famiglia va sempre comunicato, o meglio, restituita una valutazione diagnostica e delle strategie proposte per coinvolgere il ragazzo/a o loro stessi nelle scelte terapeutiche.  

Il percorso di accettazione o in-take segue diversi livelli di raccolta dati e di restituzione al paziente.

La raccolta dati anamnestici:

 

Questa fase è successiva a quella del pediatra endocrinologo che ha spinto la sua diagnosi (primo sospetto diagnostico) verso un’obesità essenziale e non secondaria, valutando sia la gravità dell’eccesso ponderale che le eventuali complicanze ad esso associate (vedi box 1). Lo psicologo a questo punto raccoglie altri dati anamnestici che gli serviranno per escludere una prima ipotesi di sospetto DCA (Disturbo del Comportamento Alimentare adolescenziale o infantile, vedi Box 2), oppure di psicopatologie primarie o secondarie associate all’eccesso ponderale. Successivamente ci saranno una serie di domande aperte e chiuse, che permetteranno allo psicologo di studiare insieme al paziente e alla famiglia la strada più opportuna per iniziare un percorso dietetico strutturato (attraverso dei consigli alimentari e motori semplici o complessi), oppure non strutturato in modo da trovare di vota in volta alleati terapeutici , strategie comportamentali, risignificazioni del rapporto con il cibo, discussione su eventuali fattori stressanti o angoscianti che favoriscono le abbuffate e/o i semidigiuni.

Fase di riscaldamento

Prima della fase di raccolta dati anamnestici  lo psicologo si presenta sottolineando l’importanza di un lavoro in equipe multidisciplinare; anticipa che l’utente deve considerarsi all’interno di un percorso terapeutico articolato a tappe successive e che di volta in volta si cercherà la strada migliore da percorrere in quanto la dieta, intesa come stile di vita, non potrà essere in nessun caso una prescrizione uguale per tutti gli utenti.

Prima serie di domande: Anamnesi generale

Secondo lei perché è aumentato il suo peso ? 

C’è stato un periodo particolare, un evento, tipo una operazione, una malattia o una situazione emotivamente stressante che può collegare all’inizio dell’aumento del peso?

Ha mai provato a ridurre il peso attraverso una corretta alimentazione oppure attraverso altre strade…se si, cosa ha funzionato e cosa non ha funzionato.

Mi descrive una sua giornata alimentare….Ieri cosa ha mangiato a colazione…..merenda….pranzo….spuntino….cena….extra…..

Quando non va a scuola cambia la sua alimentazione….Durante il fine settimana cambia la sua alimentazione…..

Seconda serie di domante (sospetto DCA e/o Psicopatologie)

Quante volte negli ultimi due mesi 1) ha mangiato anche quando non si sentiva veramente affamato, 2) ha continuato a mangiare anche quando si sentiva sazio, 3) le è capitato di mangiare quando si è sentito depresso, giù di umore, 4) le è capitato di mangiare perché si è sentito annoiato.

 Da 1 a 10 quanto è soddisfatto del corpo che ha?

Domande da sottoporre all’utente oppure ad un familiare solo se si reputano necessarie ai fini diagnostici per psicopatologie primarie o secondarie e comunque da approfondire in sede di  valutazione psicodiagnostica qualora il clinico reputi opportuno.

Le è capitato che in periodi particolari mangiasse più del normale. Mi descrive una di queste abbuffate…cosa mangiò in quella situazione? Come si è sentito dopo quell’episodio? Ha avuto la sensazione di perdere il controllo rispetto al cibo?

Le è capitato di avere dei comportamenti particolari con il cibo…..mangiare di nascosto, rubare il cibo, non poter smettere di pensare al cibo

Ha fatto mai uso di lassativi, pillole dimagranti, digiuni o semidigiuni o molta attività fisica per ridurre il suo peso? Le è mai capitato di indursi il vomito per eliminare il cibo ingerito?

Area di psicopatologia

Ossessione-Compulsione - Le è mai capitato di non riuscire a scacciare pensieri, parole o idee indesiderate, Difficoltà a ricordare le cose, Dover fare le cose molto lentamente per essere sicuro/a di farle bene, sentire il bisogno di controllare ripetutamente ciò che fa.

Depressione - Perdita dell’interesse o del piacere nello stare tra le persone, avere delle facili crisi di pianto, rimproverarsi per qualsiasi cosa si faccia.

Ansia - Nervosismo o agitazione interna, tremori, paure improvvise senza ragione, paura di viaggiare in autobus, in metropolitana o in treno, necessità di evitare certi oggetti

Psicoticismo - convinzione che gli altri possano controllare i suoi pensieri, udire le voci che le altre persone non odono, convinzione che gli altri percepiscano i suoi pensieri, avere dei pensieri che non sono suoi.

Terza serie di domande (preparazione al trattamento)                                  

Quanto si aspetta di dimagrire nei prossimi due mesi? |___| Kg

Cosa pensa sia opportuno fare per ottenere i risultati sperati…cosa impedirebbe tale successo e cosa e/o chi lo favorirebbe;

Chi le prepara prevalentemente da mangiare?

Restituzione al paziente e/o alla famiglia.

Lo psicologo, valutati i dati anamnestici raccolti, suggerisce un primo percorso terapeutico al paziente, concordando con lui e/o la sua famiglia e restituendo al dietista un primo orientamento del piano terapeutico.

Invio dal dietista se vengono reputate necessarie informazioni e consigli semplici o complessi, oppure se viene valutato opportuno trovare delle strategie che “a piccoli passi” possono portare ad una graduale ristrutturazione cognitiva  (es. focalizzarsi per un mese sulla prima colazione, sull’inizio di un’attività motoria o sulla riduzione di una specifica condotta sedentaria o l’eliminizione/sostituzione di un alimento ad alto contenuto di grassi e/o calorie ecc. rimandando al mese successivo l’attuazione di altre strategie).

Rinvio per psicodiagnosi nel caso venga valutato un sospetto di psicopatologia , un deficit intellettivo o altro.

Invio presso altro specialista per approfondimenti diagnostici

Secondo Incontro

Proposta terapeutica: modello cognitivo comportamentale

 

Secondo Incontro;

In questo secondo incontro con l’utente e con la sua famiglia ci si focalizza su:

Focus su consigli alimentari semplici : difficoltà incontrate, risultati raggiunti, persone coinvolte ecc.

Capacità di riconoscere segnali di fame e di sazietà;

Situazioni dove il cibo è stato usato come ricompensa  - come consolazione ecc.

Somministrazione di diario alimentare, del grafico del peso o di altri strumenti per iniziare un percorso terapeutico.

Skill Training Program

Modello di SKILL TRAINING

Lo Skill Training, sviluppato dal modello cognitivo comportamentale (R. Dalle Grave, 2001), si organizza intorno a quattro punti. Tale training usato in modo flessibile, può risultare un’ottima griglia di lettura del diario alimentare, del grafico del peso o di altri strumenti qualitativi o quantitativi.

Va precisato che il training va inserito in un percorso di dieta e supervisionato da un esperto (medico, pediatra, dietologo, nutrizionista, psicologo, ecc.). che ne valuta la possibile applicazione usando gli strumenti per l’autocontrollo e per il controllo degli alimenti assunti.

Agli utenti verrà proposto di compilare il diario alimentare ed il grafico del peso e di riportarli ad ogni incontro successivo per discuterne con l’operatore.

Identificare le situazioni ad alto rischio:

la discussione con l’utente del diario alimentare e del grafico del peso permette di identificare le situazioni ad alto rischio. La trasgressione alimentare è diversa da persona a persona: ciò che rappresenta un rischio per una persona può non esserlo per altre. Per alcuni possono essere rischiose le situazioni in cui ci si trova in compagnia di altri (situazioni ad alto rischio esterne), mentre per altri il problema sono le situazioni in cui provano una certa emozione o sensazione (situazioni ad alto rischio interne). In molti casi comunque, il rischio deriva da una combinazione di fattori interni ed esterni (situazioni ad alto rischio miste). Le situazioni possono essere anche classificate come improvvise, prevedibili e ripetute. Identificare le situazioni ad alto rischio è il primo passo per insegnare agli adolescenti/bambini il controllo sulla propria alimentazione e per evitare ricadute. Alcune situazioni a rischio che si possono incontrare nel percorso dietetico sono:

Situazioni emotive negative. La noia, la solitudine, l’ansia, la depressione e la rabbia sono emozioni negative che spesso si associano all’alimentazione. In questa categoria sono anche incluse le reazioni emotive negative che insorgono in seguito a conflitti interpersonali (critiche, discussioni, separazioni ecc.).

Stati emotivi positivi. Situazioni di gioia o relax come le vacanze, le feste, i successi a scuola o nel lavoro. In tali momenti l’individuo si sente autorizzato a fare delle eccezioni speciali…

Situazioni sociali. Pranzi di lavoro, cene a casa di amici, ecc.

[ESERCITAZIONEA CASA]

Gli utenti possono riportare sul retro del proprio diario alimentare, quelle che ritengono essere  situazioni ad alto rischio. Tali situazioni possono essere discusse in piccoli gruppi oppure supervisionate singolarmente da un operatore che cerca di far sviluppare delle auto-riflessioni e, dove possibile, delle strategie di coping. Dal diario alimentare e dalle possibili variazioni brusche del peso riportato sul grafico, possono essere riconosciute le specifiche situazioni ad alto rischio. L’individuazione delle situazioni di rischio possono seguire lo schema sotto indicato.

 Gestire le situazioni ad alto rischio:

La gestione delle situazioni ad alto rischio prevede l’utilizzo di adeguate risposte di coping, definibili come risposte che mettono l’utente in grado di far fronte ad una situazione ad alto rischio senza sperimentare la perdita del controllo. Se l’utente  riesce a far fronte efficacemente a queste situazioni usando appropriate strategie,  continuerà a sperimentare un efficace senso di

autocontrollo e svilupperà un’elevata autoefficacia (self-efficacy).

Imparare dai propri errori.

Una volta sperimentata la situazione ad alto rischio, e valutate le situazioni che hanno portato alla trasgressione alimentare, si dovrebbero trovare degli elementi di feedback dai propri errori.

Osservare le emozioni e le situazioni che hanno portato alla trasgressione.

Accettare quella emozione e valutare l’impatto che ha avuto sugli altri.

Valutare il senso di colpa o vergogna derivato dalle proprie azioni

 Mettere in correlazione le emozioni e le azioni di risposta che si sono attuate.

Sviluppare uno stile di vita bilanciato

Poiché il processo che porta a bilanciare lo stile di vita è lungo, è importante imparare a sostituire il cibo con attività piacevoli, che siano in grado di migliorare il tono dell’umore, aumentare la motivazione e diminuire il rischio di perdita di controllo. Attività che vanno concordate e personalizzate alla reale fattibilità per quell’utente, quel contesto familiare e socio-ambientale.

 “Nutrire il sé con il cibo, è meno costoso

del creare uno stato nuovo di benessere”.

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